L’ormai noto antefatto: Papa Francesco visita Napoli. Il duomo immenso, la navata sinistra transennata per restauri. Sul presbiterio si trovano le claustrali, che per l'occasione sono state dispensate dalla loro severa disciplina di reclusione. Gran sorrisi monastici e battimani. A un certo punto alcune di loro, in un improvviso svolazzar nero di veli, in un subitaneo lampeggiar bianco di soggoli, in un imprevisto scintillar metallico di croci e di cuordigesù, si fanno attorno al Pontefice, recando una scatola che a me sembra possa contenere una torta. Di che ordine siano non si può dire, bisognerebbe avere sottomano almeno un’edizione della Monacologia di Joannes Physiophilus, caustico settecentesco classificatore delle specie e delle sottospecie monastiche secondo lo stile della filosofia naturale del tempo. Io, che della scienza sono solo dilettante, mi azzarderei a dire che siano Passioniste. In piedi, il Cardinal Crescenzio Sepe – che si era già distinto poco prima nel meraviglioso Anche i ciechi volevano vedere il Papa, frase su cui si è abbattuta e ancora si sta abbattendo l’ironia di Spinoza.it. - le ammonisce bonariamente in vernacolo: “Oh oh oh, dopo, uè! Guard’ accà! Sorelle dopo, ja, sorelle, dopo! E cchiste so’ di clausura, figuriamoci quelle di non clausura! Aé-eh: e chille se lu mangiano n’atru poco eh! Sorelle ja, mannaggia a chille!”
Nel salottino buono della TV, più tardi, fra Fazio, il chierichetto del benpensar borghese, parla come al solito con la giullarina ufficiale Luciana Littizzetto seduta sulla sua scrivania. Lei dice: “Non si capisce se erano tutte attorno al Papa perché non avevano mai visto un Papa o perché non avevano mai visto un uomo”. Che ridere. Ma il problema viene fuori adesso.
Le Trentatre. Sissignori, proprio le Trentatre, che trentatre più non sono, eh, ma insomma, loro, che indipendentemente dal loro numero sono e rimarranno le Trentatre. Le allodole sacre che da cinquecento anni cantano dalla colombaia del Protomonastero di Santa Maria in Gerusalemme di Napoli. Le Trentatre, proprio loro, figlie di una riforma francescana caratterizzata da un rigore folle e da un ancor più folle amore, le Trentatre Clarisse Cappuccine. Ebbene, le Trentatre pare guardassero Fazio. Già questa sola notizia basterebbe a far vacillare le fondamenta del cosmo, a sciogliere i legami fra i pianeti, altro che eclisse. Le nobili Trentatre guardavano Che tempo che fa. E hanno sentito la Littizzetto. E, siccome anche loro erano nel duomo, le Trentatre, e avevano visto la scena, pur non essendo loro le frullanti e un po’ appiccicose pasticcere, le sventurate Trentatre rispondono. Alla Littizzetto. E dove: su Facebook. Perché le Trentatre hanno un account Facebook. E anche un website, un dominio che sa un po’ di medicale, cappuccine33. Avete capito bene: le Trentatre rispondono alla Littizzetto sul loro profilo Facebook.
E cosa rispondono, le Trentatre? Ah, la risposta va riportata integralmente. “Ci dispiace che la signora Littizzetto, che abbiamo apprezzato in altre occasioni, abbia pensato che le "represse" monache di clausura stessero aspettando il papa per abbracciare un uomo... probabilmente per fare questo avremmo scelto un altro luogo e ben altri uomini... se avessimo voluto... Non sarebbe forse il caso, cara Luciana, di aggiornare il tuo manzoniano immaginario delle monache di vita contemplativa????”. Quattro punti interrogativi, a questo punto metti anche un emoticon con la linguaccia, hai fatto trentatre fai trentaquattro, No: niente faccine. Peccato.
Dunque: gli errori delle sventurate Trentatre.
Primo, aver visto Che tempo che fa. Fossi papa Francesco, solo questo particolare mi basterebbe per esclaustrarle tutte con ignominia.
Secondo errore: rispondere alla Littizzetto. Nel mio mondo ideale le cose sarebbero andate così. Una pia donna si reca alla ruota del Monastero per comprare della marmellata e dice alla portinaia: “Vulite sapé? La Littizzetto parlò di voi alla televisione” “Chi, brava donna?” “La Littizzetto! L’attrice!” “Qui non entrano le cose del mondo, brava donna. Ma dal momento che me lo state dicendo, offrirò in Quaresima preghiere e dolori per quest’anima da Dio amata e cercata: e possano le intercessioni di me, indegna e povera serva, ottenere per lei grazie dall’Altissimo”
Terzo errore, il più grave. Il contenuto della risposta. Quello proprio non va.
Dicono le Trentatre che – se avessero voluto abbracciare un uomo (scrivono "abbracciare", ma la Littizzetto aveva detto "vedere", e questo freudian slip è la parte più bella del messaggio) - avrebbero scelto un altro luogo. Si intende: rispetto a una chiesa. E quale, di grazia? Un motel con lenzuola rosse e specchi sul soffitto? Nessun posto come una chiesa è adatta a ospitare l’amore peccaminoso, perché vuoi mettere il gusto di farlo proprio lì, davanti al Padre Eterno che freme di sdegno per la sua figlia, davanti allo Sposo Eterno che muore di gelosia per la sua sposa? Vuoi mettere il gusto di farlo proprio lì, e poi affidare l’ignaro amante alla spaventosa vendetta di Dio?
Dicono le Trentatre che – se avessero voluto abbracciare un uomo – avrebbero scelto un ben altro uomo. Hombre! E chi? Qui mi s’offende il fascinoso papa della pampa. Cioè loro avrebbero preferito veramente un quisque de tronistibus al Romano Pontefice dal soave accento spagnolesco? Una qualunque delle milf di youporn le ritererrebbe con ragione prive di gusto.
Dicono le Trentatre che si deve aggiornare? Brutto giorno quando si aggiorna, almeno nei monasteri, fortiapache non solo di Dio, ma anche del Tempo e dell'Immutabile. Immaginario manzoniano? Magari. L’immaginario manzoniano è strepitosamente sexy, e ancor di più lo è quello verghiano di Storia di una Capinera. Leggessero, le Trentatre (magari anche su un lettore ebook), anziché guardare Fabio Fazio alla TV, media obsoleto, come donnicciole qualunque nello squallore tiepido dei loro tinelli.
Se proprio volevano. E non dovevano, no, non dovevano. Se proprio volevano rispondere, le Trentatre, potevano magari fare così. Si prendeva un calamaio vuoto e ognuna delle Trentatre vi versava un po’ di sangue vivo fatto sgorgare dal proprio polso. Poi una di esse vi intingeva il pennino e cominciava a scrivere.
Tu non conosci il nostro Sposo, di cui noi siamo l’harem doloroso ed esultante, tu non sai come lo amiamo e quanto ci fa morire con la Sua assenza. Figlie di altissimo lignaggio, Noi Trentatre offriamo notte e giorno i nostri corpi, le nostre anime e i nostri spiriti alla sua torturante passione. La Santa del nostro Ordine – Veronica Giuliani – fin da piccola riconosceva il suo Promesso dall’odore. Soffrire per Lui era la sua via d’amore, come oggi è la nostra. Da bimba metteva le mani sulle fiamme, si coronava di spine, si pungeva fra i rovi, si caricava di pesantissime croci di legno, e altre ne disegnava sui pavimenti con la lingua. E – quando fu monaca – il suo ardore per la sofferenza amantissima si moltiplicò. Nessuna ripugnanza le rimase ignota, espose il suo corpo a ogni genere di tormento. Ricevette le stimmate, e la ‘lancia d’oro tutta infuocata’ di Gesù ‘le passò il cuore da banda a banda’. Costruiva macchine per infliggersi dolore. Dopo la morte il suo cuore venne aperto, e si riscontrarono nella sua parte interna le cicatrici fatte a forma di croce e di lancia. Noi non siam sante, ma siam sue sorelle, e la nostra via è la stessa, come pure il nostro Uomo. Lo vuoi conoscere? Vieni da noi, vieni con noi, non che non siamo gelose, anzi, siamo gelosissime, ma che possiamo farci, Lui vuole anche te, e vuole abbracciarti nel dolore. Vieni da noi, vieni, prova, vieni con noi nelle trentatre sfumature di fuoco.
Invece no. Le Trentatre hanno risposto così, su Facebook.
Strabenedettamente d'accordo!
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